Situato tra i boschi sulla piana del Lomaso, Castel Campo è un monumentale complesso castellano, che dal 1920 appartiene alla famiglia Rasini di Milano, è un originale connubio artistico e architettonico che include lo stile medievale, il romantico e il neogotico.
Dal sagrato della chiesa, una antica stradicciola, detta di Somaval, scorre tra il muro dell'orto del convento dei frati e la boscosa valle della Duina. S'interna poi ai margini occidentali della Piana lomasina al cospetto di uno bellissimo paesaggio e del Castello di Campo.
A metà della Piana, una strada privata che attraversa il bosco, conduce al Castello.
Sorge su di un dosso a penisola (m. 506) tra le valli del Rio Rezòla e del torrente Duina che poco a valle si uniscono.
È un monumentale edificio munito di due caratteristiche torri angolari cilindriche e racchiude una deliziosa corte medievale. Il luogo era considerato sacro dai romani, che lo dedicarono al dio Silvano, patrono delle foreste. Fu poi adibito a “castelliere” fin dall’antichità, per la difesa della popolazione che vi si trasferiva in caso di pericolo. Già in epoca romana fu fortificato con solide e massicce mura e, verso il 1000, le costruzioni primitive vennero sostituite con edifici in legno su vari piani. Infatti, il fortilizio aveva una posizione strategica, posto sulla strada che dal Passo della Morte risaliva, attraverso Lomaso e Bleggio, fino al Passo Durone.
Nel 1163 il castello è menzionato per la prima volta in un documento ufficiale (quando Federico, figlio di Ulrico di Campo, elevò pretese su Castel Stenico, pretendendolo come suo beneficio) insieme alla famiglia dei Campo, che lo abitò per piu’ di 300 anni, contendendosi terre, poteri e ricchezza con altre importanti famiglie trentine. Alla primitiva torre di legno si sostituirono poco a poco costruzioni in pietra e muratura e una prima torre rotonda in pietra verso il 1200. Vi si aggiunse la cappella di S. Nicolò e, intorno al 1400, la seconda torre rotonda.
Il 1300 trascorse tra un’infinità di conflitti e battaglie, mentre la famiglia acquistava sempre maggior potere ed autorità. La popolazione del luogo veniva continuamente danneggiata da pestilenze (notevole quella del 1348), razzie e incendi dovuti ai conflitti tra i feudatari. Nel 1387 Paride di Lodron lo espugnò passando a fil di spada Antonio e Nicolò di Campo e il presidio.
Queste devastazioni portarono nel 1439 alla quasi completa distruzione di Castel Campo, che fu poi ricostruito da Graziadeo da Campo tra il 1444 e il 1457, anno in cui morì. Sotto la sua reggenza il castello godette del suo massimo splendore e subì diversi rifacimenti, allorché maestri comacini "del lago di Lugan", chiamativi da Graziadeo, gli diedero l'attuale assetto tardogotico. Graziadeo fu anche il più tristemente famoso per i suoi atti di ribalderia.
L’investitura al fratello naturale Nicolò non fu accettata dal vescovo Hack, che trattenne per sé il castello, rifiutando anche la richiesta di Matteo Galasso, cugino di Graziadeo, di subentrare . Nel 1468, la famiglia Trapp ottenne l’investitura e abitò il castello per più di 400 anni, arricchendolo di affreschi e nuove costruzioni.
Nel 1891 i Trapp vendettero il castello al tedesco Teodor Rautenstrauch che fece costruire una nuova torre ottagonale pensile verso il Bleggio e abbassare il muro che chiudeva il cortile a ovest, affidando il restauro all'architetto Gerolamo Sizzo.
(L'atrio, prima chiuso e freddo, venne ammorbidito con l'abbattimento del muro perimetrale verso ovest, la scala esterna venne sostituita da uno scalone collocato nel torrione sud-est e a nord-est fu costruita la torretta pensile.)
Costituì sulle terre circostanti una fiorente azienda agricola che dette lavoro a buona parte della popolazione in un momento di grande miseria e povertà.
Al termine della prima guerra mondiale, il castello si ritrovò in territorio italiano, e Rautenstrauch dovette con gran rammarico tornare in Germania. Nel 1920, il milanese Cesare Rasini comprò Castel Campo e lo fece restaurare su progetto dell’architetto Livio Provasoli e affrescare dal pittore veronese Carlo Donati.
Il Donati affrescò la quattrocentesca Cappella di San Nicolò, la corte chiostrata e un vasto ambiente vicino.
Nella loggia quattrocentesca sono conservate pitture decorative e scene di caccia in ambiente locale. Così come nel torrione semicilindrico sono raffigurate cene di caccia e cortesi in ambiente fantastico.
Infine nella cappella, una Madonnina quattrocentesca, forse opera di maestro Stefano di Verona.
Il castello fu cantato dal poeta umanista Jacopo Vargnano, da Giovanni Prati e da Ada Negri che vi compose il "Il Dono". Ada Negri fu ospite della contessa Thea Rasini nelle estati del 1933 e del 1935.
Il castello è tuttora abitato dalla famiglia Rasini.
Entrando dal portone principale del castello si accede al cortile attorniato dalle mura con i merli alla ghibellina, dai quali si può godere della vista di gran parte della vallata e della Piana del Lomaso.
Accanto alla scalinata che sale alla porta d'ingresso del castello, si affaccia sul cortile la cappella di San Nicolò, su di essa appare imponente l'affresco di San Giorgio del Donati (San Giorgio a cavallo protegge la cappella del castello, trovandosi sopra un corpo avanzato all'angolo della fabbrica costituisce una nota di vivacità coloristica squisita).
Sull'angolo perimetrale nord-est si trova una deliziosa loggetta-belvedere con basamento originale del '400 ed è uno strategico punto di osservazione, dal quale si gode di una bellissima veduta. Costeggiando le mura si accede al giardino posteriore, da dove si vede il torrioncino pensile neoromanico di gusto lombardo, costruita nel tardo '800, e la corte chiostrata con le logge quattro-cinquecentesche di gusto gotico (si può notare, anche, il muro perimetrale abbattuto per dare luce al cortile interno).
La facciata meridionale del fabbricato è racchiusa tra i due torrioni, quanto resta di fortificatorio del castello, quella di sud-est è cilindrica e oggi accoglie una scala, mentre l'altra è semicilindrica e sporge dalla facciata di ponente (entrambe misurano circa 7 metri di diametro).
Attraversata la cancellata, si giunge nella suggestiva corte chiostrata con al centro un piccolo pozzo. Da questo punto è possibile ammirare le eleganti logge con le pitture murali. Nella prima sono dipinte scene di caccia in ambiente locale, la seconda presenta un pregevole trittico: la prima immagine raffigura il paese di Ponte Arche con il ponte delle tre arche, da cui prende il nome; la seconda raffigura Castel Campo e sullo sfondo Castel Stenico; la terza raffigura Castel Toblino.
In questo castello il Donati lasciò uno dei suoi cicli più intensi e suggestivi passando in modo felice dai temi sacri della cappella alle simbologie profane nel cortile e nelle sale, assai significative queste ultime della complessa personalità dell'autore. Nel cortile le tematiche religiose spaziano da un affresco della delicata Maternità a quello profano della Fontana della Vita, sotto un pergolato dipinto. Anche la sala della Via Lattea dipinta dal Donati è particolarmente suggestiva, il soffitto è attraversato da una via lattea di bambini in volo in una volta stellata e decorata lungo le pareti da putti nel gusto del primo Rinascimento toscano.
Alla cappella si accede da una porticina affiancata l'immagine di San Nicolò. Anche qui il Donati eseguì dei pregevoli affreschi che ricordano la grande opera di carità svolta dalla contessa Rasini per i bambini poveri, i bisognosi e gli indigenti nel periodo critico degli anni '30. Sulla parete di fondo delle cappella è dipinto un bellissimo trittico con al centro il ritratto della contessa, il tutto sotto lo stemma di famiglia. I figli Giovanni e Tito Rasini, ancora bambini, sono dipinti sulla parte sinistra dell'abside in preghiera verso la Madonna della Neve. I due bambini donano una colomba e la cappella del castello alla Madonna, mentre sul lato opposto un angelo presenta alla Vergine Castel Campo.