Quasi ignoti fino al XX secolo, con alcuni studi approfonditi hanno iniziato finalmente ad essere conosciuti nella lunga e feconda attività di pittori e affrescatori di chiese.
Una stirpe di pittori itineranti provenienti dalla montagna bergamasca, la Valle di Averaria. La loro origine è avvolta nel mistero, nonostante siano stati attenti nel firmare e datare le loro opere, poche sono le notizie che li riguardano ed è difficile una corretta scansione temporale del loro operato in Trentino.
Oggi gli affreschi dei Baschenis costituiscono la preziosa testimonianza di un'arte diffusa capillarmente sul territorio, a disposizione di numerose piccole comunità, quasi come un invitante itinerario di fede, di storia e di riflessione artistica.
I Baschenis operarono con continuità per quasi un secolo - dal 1460 al 1550 - nelle Valli del Trentino Occidentale, affrescando innumerevoli chiese e cappelle con la loro pittura ingenua, ma vivace e arricchita da una felice vena narrativa. Fu la famiglia lombarda dalla quale uscirono più artisti lungo l'arco di diverse generazioni, si va dal primo Antonio citato nel 1451 fino al 1667, anno della morte del più famoso Evaristo (pittore e sacerdote noto per la produzione dedicata agli strumenti musicali a corda). Dieci sono i Baschenis riconoscibili in modo più o meno approfondito, che hanno operato nelle Valli Giudicarie, Val Rendena, Valle del Chiese, Val di Non e Val di Sole.
I Baschenis possiedono una modesta cultura pittorica, che non permette loro di confrontarsi con i più aggiornati pittori operanti nelle città lombarde, donde la scelta obbligata di offrire i loro servizi a comunità periferiche, come quelle del Trentino, povere mezzi e di modeste esigenze. Il loro rimane uno spirito medievale, la loro cultura è dialettale, ma seppero interpretare con gusto e originalità i temi propri dell'arte sacra e nelle loro opere riuscirono a tradurre le aspirazioni della gente umile, gente che trovò in questi pittori gli interpreti ideali del sentire comune. Sono esponenti di un'arte vicina alla sensibilità e devozione popolare, un'arte semplice ma dotata di una spontanea forza comunicativa. Le immagini dei Baschenis, vera e propria Biblia pauperum, si conformano ai dettami dell'iconografia religiosa, vivificandola però con una fresca vena di esuberanza popolare e un modo di raccontare favolistico e schietto in grado di suscitare adesione spontanea.
Questi pittori hanno a disposizione ampie superfici murarie su cui dispiegare la loro arte e così le chiese si ricoprirono di affreschi con soggetti diversi secondo i settori.
Il presbiterio, luogo delle sacre funzioni, impone una rigida distribuzione dei soggetti, sulla volta il Cristo benedicente circondato dagli angeli, dagli Apostoli e dai Padri della Chiesa e sulle pareti le immagini del santo titolare, l'aula, spazio della comunità dei fedeli, accoglie invece le raffigurazioni dell'Ultima Cena, dei Santi Taumaturghi e delle varie Madonne, mentre l'arco santo, luogo d'incontro fra il mondo terreno e quello celeste, reca la scena dell'Annunciazione. È evidente il ripetersi quasi stereotipato delle sacre immagini affrescate, rispettose di un ordine composito e di una gerarchia di valori nelle diverse chiese, nel quale il fedele e il pellegrino potevano riconoscersi e ricostruire facilmente la storia sacra in un racconto a immagini, delle quali la lettura finale era più immediata e facile.
Nella Valle Giudicarie Esteriori operarono soprattutto Cristoforo II e il figlio Simone II.
CRISTOFORO II (doc. 1471-1520) viene talvolta liquidato in maniera sbrigativa e sommaria, ma a lui va il merito di aver saputo aggiornare lo stile tradizionale della bottega familiare, apportando elementi compositivi e formali più sensibili alla rinascita delle arti del nuovo secolo. Fu una figura di tramite, rispettoso dei desideri della committenza locale, ma anche timido divulgatore del nuovo, padre intelligente che probabilmente seppe intuire il talento del figlio, Simone II, che dall'artigianato seppe arrivare all'arte vera e propria.
SIMONE II (doc. 1513-1555) segna il preciso momento dell'evoluzione dello stile familiare a uno più libero e rinascimentale, che fuse le diverse esperienze pittoriche in un linguaggio unitario influenzato dalle conoscenze dirette con l'ambiente rinascimentale lombardo. Vissuto tra il 1490 e il 1555 è il frescante più qualificato della dinastia e il più documentato. Tappe importanti del suo,lavoro ono il ciclo decorativo di Carisolo e la Danza Macabra di Pinzolo.
CHIESA DI SAN FELICE A BONO
Autore degli sgargianti affreschi che ricoprono totalmente l'interno della chiesa cimiteriale di Bono è Cristoforo II Baschenis, che lui stesso firma con una ricercata iscrizione sul peduccio della volta, nella quale si paragona addirittura ad Apelle, il più celebrato pittore dell'antichità. La scritta reca anche la data di esecuzione degli affreschi, 1496, e il nome del committente, Hans Wolkenstein, capitano di Castel Stenico.
Le volte del presbiterio riprendono il repertorio caro ai Baschenis e ai loro committenti, il Cristo Panteocratore, i Dottori dell Chiesa e i Simboli degli Evangelisti, ma le fasce che dividono gli spicchi sono rivestite da un decoro classicheggiante di candelabri, grottesche e ghirlande e le cattedre dei Dottori sono meno arzigogolate, meno gotiche, stile invece che condiziona le figure dei Profeti dipinti all'interno dell'arco santo, tanto da far pensare essere state eseguite dagli aiuti.
Opera di Cristoforo è sicuramente la suggestiva Crocifissione, in un paesaggio fiabesco emerge una ridda di personaggi appartenenti alla tradizione, dall'angioletto al diavoletto accanto ai due ladroni, gli angeli che raccolgono il sangue di Cristo, il soldato che trafigge il costato e porge la spugna imbevuta d'aceto e i testimoni dolenti. L'estremo sacrificio di Cristo si consuma al cospetto di paggi e cavalieri vestiti con panni alla moda. Sicuramente è interessante la scelta compiuta da Cristoforo di attualizzare l'abbigliamento dei protagonisti. Le pareti del presbiterio illustrano la leggenda agiografica del santo titolare, San Felice, mentre sulla parete della navata varie figure di santi, fra i quali San Martino che taglia il mantello, San Giacomo, San Francesco, Santa Caterina, San Rocco e San Sebastiano.
CHIESA DI SAN GIORGIO A DORSINO
Gli affreschi della volta e i brani superstiti della seconda campata - uno zoccolo di finto bugnato a diamante, S. Giorgio e il drago, San Michele Arcangelo e San Martino con il povero - sono opera di Cristoforo II Baschenis, come ricorda lo stesso pittore nella lunga iscrizione latina dipinta come una lapide celebrativa sulla porta laterale, ora tamponata, che non testimonia sicuramente la modestia del pittore, ma ci informa sulla data degli affreschi e sull'età del pittore all'epoca dell'esecuzione: sette olimpiadi, corrispondenti a ventotto anni e l'affresco fu completato il 4 maggio 1500.
Le vele della volta riprendono l'impianto iconografico tradizionale, applicato da Cristoforo anche a San Felice, con la centro il Cristo benedicente in mandorla circolare, e nei quattro spicchi Evangelisti e Dottori della Chiesa alternati a coppie, raffigurati nei caratteristici modi del pittore, che fondono elementi della pittura gotica con sporadici motivi rinascimentali.
CHIESA DI SAN ROCCO A PERGNANO
Cristoforo II è anche l'autore degli affreschi della Chiesa di San Rocco a Pergnano e il restauro del 1994 a cura della Provincia Autonoma di Trento ha portato alla scoperta dell'Ultima Cena e della Crocifissione, ritrovata spostando l'altare con la pala di San Rocco.
La volta e divisa in costoloni segnati da cornici multicolori che alludono all'arcobaleno, simbolo della fusione tra mondo terreno e quello trascendente. Nelle vele sono disposti a coppie il Cristo Pantocreatore, gli Evangelisti e i Dottori della Chiesa, seduti su seggi decorati con un armamentario complesso e vistoso, poco sensibile alle novità umanistiche. Anche l'Ultima Cena, affrescata sulla parete sinistra, ripete gli schemi medievali, fondati sull'horror vacui che spinge il pittore ad affollare la mensa con vivande, tra cui i gamberi di fiume, iconografia caratteristica dei Baschenis, bicchieri di varie forme, bottiglie, ampolle e una preziosa alzata d'argento su cui è disposto l'agnello pasquale. Lo schema è il medesimo proposto in altre composizioni analoghe: gli Apostoli sono allineati frontalmente ai fianchi di Cristo, lungo un tavolo con piano ribassato verso lo spettatore, mentre Giuda è isolato sul lato opposto.
Suggestiva è la Crocifissione dipinta sul fondo, che gioca armoniosamente sui colori con toni ocra, rosso mattone e verde di grande effetto illustrativo. Originali sono i dettagli, provenienti da una pittura colta, il gruppo delle Pie Donne, i paggi sulla sinistra, e il centurione Longino, che insolitamente indossa il copricapo degli imperatori di Bisanzio.
La parete di destra è occupata da pittura raffiguranti San Sebastiano e la Madonna in trono. Sulla finestra tamponata è dipinta una pergamena di difficile lettura forse ricorda l'opera dell'autore.
CHIESA DI SANTA MARIA ASSUNTA DI DASINDO
La chiesa conserva un ciclo affrescato di Simone II, sconosciuto fino alla recente scoperta, che per l'alta qualità induce la critica a rivalutare la considerazione del valente pittore. Opera complessa, gli affreschi di Dasindo accostano i soggetti tradizionali dei Baschenis, le Storie di Maria, gli Apostoli, i Profeti e i Dottori della Chiesa dipinti nell'abside, con temi tratti dell'Apocalisse.
L'abside ospita le Storie di Maria, distribuite su due registri inferiori, la raffigurazione degli Apostoli nel registro superiore e infine i Dottori della Chiesa nelle vele. L'insieme è completato da figure dei Profeti e dal brano superstite di una bella Adorazione dei Magi.
Le scene sono illustrate da didascalie e sono inserite in un'orditura architettonica, che dimostra la completa assimilazione dei motivi del Rinascimento ormai raggiunta da Simone II e la sua conoscenza diretta delle opere dei maggiori pittori lombardi dell'epoca, oltre che l'uso sapiente di una gamma cromatica raffinata. Gli affreschi del transetto affrontano il tema della salvezza dell'uomo con una complessità iconografica, colta e misteriosa, che testimonia della conoscenza dottrinale dell'artista e introduce temi inediti nella pittura dei Baschenis, lontani dai toni popolareschi ai quali erano abituati i pittori bergamaschi.
Nelle vele centrali della volta compaiono le immagini tratte dell'Apocalisse del Cristo Giudice e di Dio in gloria, dai simboli dei quattro Evangelisti e dei ventiquattro Vegliardi coronati. Le vele laterali recano le immagini salvifiche del Cristo Panteocratore e quella di Cristo che discendela scala della salvezza.
Le chiese della valle inserite per il completo itinerario dei Baschenis sono anche:
• la Chiesa di SS. Pietro e Paolo a Sclemo e la Chiesa di San Michele a Seo, entrambe affrescate da Cristoforo II;
• la chiesa di San Silvestro a Vigo Lomaso affrescata da Cristoforo II;
• La chiesa di San Giuliano a Villa del Bleggio, affrescate da Angelo Baschenis, esponente, insieme al fratello Antonio e ai nipoti Giovanni e Battista, del primo ramo dei Baschenis.
Conoscere i Baschenis, pertanto, significa non solo apprezzarne la genuinità, ammirarne l'immediata estetica, ma anche recuperare un capitolo importante della storia delle nostre valli e delle genti che qui vissero più di 500 anni fa.